lunedì 24 settembre 2012

La lista della spesa


Mentre Mortadella, una carlina bavosamente affettuosa, mi guarda da oltre il cancelletto per bimbi che impedisce a lei e ad una famiglia di Beagle di imbrattare del loro amore la mia stanzetta colorata, mi bevo del vero caffè italiano e mi prendo il mio tempo (giorni di pioggia, giorni di pigrizia autunnale) per aggiornare questo blog, abbandonato da tempo immemore, un po' come una fabbrica greca in tempo di crisi.
Gli accadimenti sono stati molti ed una lista della spesa, di quelle scritte su supporti improvvisati, mi sembra il modo migliore per sintetizzare cos'è successo in questi ultimi mesi.
Ecco dunque cosa avrei dovuto comprare nelle varie vicissitudini della mia vita:
  • Repellente per zecche: quando si campeggia in un parco naturale della Virginia (nello specifico, lo Shenandoah National Park) non si dovrebbe mai sottovalutare l'insidiosità della natura. Siccome l'effetto “week end lungo del Memorial Day” aveva saturato i campeggi convenzionali, io e Yunkyeong abbiamo deciso di girare un sequel italo-coreano di The Blair witch project, accampandoci con la nostra tenda nuova di pacca nel mezzo della foresta più selvaggia. Al di là dell'emozione di bere birra mentre tutt'intorno si odono cervi saltellare felici (pregando che gli orsi decidano di cibarsi solo di turisti americani) e al di là anche del privilegio di poter dormire con secolari radici conficcate nella schiena, il campeggio libero si può risolvere in un giro della speranza alla ricerca di un ranger disposto a rimuovere la zecca che ha deciso di impiantarsi nel proprio ombelico. Il termine tecnico della mia reazione all'evento è “freaking out”, cioè andare giù di testa, e l'unica soluzione trovata a tale fenomeno (peraltro piuttosto frequente) è l'impassibilità asiatica, che ha permesso a Yunkyeong di trovare il coraggio per rimuovere il corpo estreneo accozzatomisi e persino l'ardire di scattare una fotografia alla povera zecca.
  • Pomata all'arnica: quando un ingegnere giapponese ti porta a scalare le pareti colorate di un garage a New Paltz, è necessario preventivare copiose produzioni di acido lattico e fastidiosi crampi da nerd non avvezzo a nessun tipo di sport. Se per curare i dolori di arrampicate poco professionali è sufficiente un unguento, ci vuole qualcosina in più per curare le ferite dall'amor proprio leso, anzi brutalmente calpestato da un ragazzino di dieci anni che ci ha messo trenta secondi netti per scalare una parere alla cui base ero appesa come uno stoccafisso da circa mezz'ora.
  • Una rampa in legno massello: a fine luglio, scaduto il nostro prestigiosissimo contratto di lavoro, io e i miei tre coinquilini abbiamo dovuto abbandonare la magione medievale e pulciosa nella quale eravamo insediati da circa un anno e mezzo. Mentre mobili vintage (per usare un eufemismo...) e padellame vario erano di proprietà della nostra agency, l'ormai leggendario piano che, mesi prima, avevamo a fatica trascinato dentro casa riscattandolo dal pattume, costituiva l'unica nostra proprietà...se non si considerano le tende che ho rimpicciolito con un'audace asciugatura nelle dryer della Big Bubble laundromat. Dal momento che il peso del pregiatissimo strumento eguagliava quello di otto o nove Pavarotti messi assieme, la nostra generosa boss aveva messo in chiaro fin da subito che quell'oggettino da collezione ce lo saremmo dovuto spostare da noi, pena l'addebito di circa 300 dollari. Dopo disperati tentativi di rifilarlo ad amici, conoscenti e perfetti estranei, risoltisi in miseri buchi nell'acqua, la strategia messa a punto è consistita nel chiamare un team di amici ignari del compito che li attendeva, spingere fuori casa il piano da dieci tonnellate, lasciarlo sul marciapiede fingendo di aver preso accordi con una fantomatica chiesa, fischiettare e fare gli gnorri...in pratica, la stessa tecnica utilizzata dai nostri vicini più di un anno prima. A distanza di un mese, passando in incognita per la mia via, ho contemplato, con un misto di nostalgia e vergogna, il piano, forse saltuariamente suonato, a mezzanotte, da qualche romantico spacciatore di crack nel tentativo di sedurre la propria bella.
  • Un nuovo lettore mp3: dopo il trasloco, ho deciso di rimanere per un mese a Poughkeepsie assieme ai miei amici...ho infatti sempre avuto problemi nella fase del distacco! Quando però si divide la stanza con un messicano alla ricerca di una fidanzata e con una nepalese con parenti ed amici con un fuso totalmente opposto al nostro, si deve tenere presente che le nottate saranno costellate da interminabili telefonate via skype a donne disperse per lo stato di New York e ad abitanti di Kathmandu. Ora, se siete dotati di cuffiette la vita è semplice e l'insonnia una minaccia lontana, ma se non siete in grado di tapparvi le orecchie, l'unica via di uscita è il jogging notturno per le vie di Poughkeepsie, con respirazione ritmata dalle necessarie preghiere: di non essere assaliti dai pittbull degli autoctoni, di un venire colpiti da pallottole vaganti, di non finire investiti da un suv guidato da una cheer leader ubriaca fradicia.
  • Ballerine nere: mai possedute in vita mia, diventano un indispensabile gadget quando si trova lavoro in un ristorante a cinque stelle nel paese più fighetto della Dutchess County. Se poi si aggiunge che il ristorante è indiano ma gestito da cingalesi ed offre lavoro anche a messicani, americani e nepalesi, si deve essere pronti a calarsi in un'autentica babele, dove tutti corrono velocissimi portando cibi tanto piccanti da far venire le lacrime agli occhi solo a guardarli. Io e le mie ballerine da 12 dollari ce la siamo spassata e, pur essendo l'ultima ruota del carro, talvolta siamo state pagate più del dovuto per le misteriose potenzialità viste in me dalla proprietaria, che si è tra l'altro impegnata a trovarmi un marito cingalese. E perchè no? Il momento più alto della mia carriera nella ristorazione l'ho comunque toccato quando, pregata dallo chef, ho fatto counseling ad un collega che serviva in stato confusionale clienti radical chic (mai mischiare xanax ed alcool!) ed ho potuto toccare con mano l'utilità di studi nel sociale.
  • Oggettistica per donne gravide: anche se i Maya dicono che il mondo stia andando a scatafascio, aspettatevi che tutti intorno a voi inizino a riprodursi alla velocità della luce. Per non farvi cogliere impreparati, munitevi quindi di ammennicoli da presentare alle famigerate “baby showers”, agghiaccianti feste pre-parto in cui si donano alla panzona di turno oggetti utili per il futuro nato. Dopo circa due ore a Target ed infinite discussioni, io e Francisco abbiamo deciso di focalizzarci sul “pregnant woman concept” e di acquistare cose utili alla madre (una nostra amica turca) più che al bambino. Il pezzo forte del nostro shopping è stato senza dubbio un kit per prevenire le infiammazioni dei capezzoli...se questa non è disperazione!
  • Valeriana: frequentando la comunità afro-americana e quella messicana di Poughkeepsie, la drammaticità in qualche modo tipica delle due culture ha alterato la mia compassata milanesità, facendomi meritare il soprannome di “Drama queen” (grazie Francisco!). Non entrerò nei dettagli delle scene melodrammatiche che mi hanno vista coinvolta, ma basterà dire che Vittorio Sgarbi mi fa una pippa!
  • Venditore di macchine: ad una settimana dalla mia partenza alla volta dell'Italia, non ero ancora riuscita a rifilare a nessuno la mia Sweet Princess che, avendo il cambio manuale, per l'americano medio costituiva uno strumento più difficile da maneggiare di una macchina per laparoscopie. Conscia anche delle mie inesistendi doti da venditrice, ho affidato l'arduo compito ad Howard, un nuovo vicino di casa che, una decina di giorni fa, me l'ha venduta ad un prezzo insperato. Ad onor del vero, va detto che l'acquirente mi ha confessato per telefono di essersi decisa all'acquisto grazie allo pseudo arbre magique che pendeva dal mio specchietto retrovisore, il quale ha decisamente toccato le corde della sua anima: la scritta sul deodorante recitava, infatti, “crazy bitch”...
  • Guaranà nativo: quando si hanno dieci ore di scalo a Stoccolma e si decide di incontrare un cugino metà italiano e metà svedese, in barba al fuso orario ed alla stanchezza da economy class, è indispensabile munirsi di energizzanti di vario tipo. Grazie al cielo, cugino e moglie si sono rivelati essere due simpaticoni amanti della birra e devo confessare di essere molto dispiaciuta che non abbiano passato le selezioni per la versione svedese di MasterChef.
  • Calcetto portatile: tornando da un paese in cui trovano posto aberrazioni quali un calcetto con tre (!!!) portieri per porta, non ci si può certo aspettare di migliorare abilità già prima piuttosto misere. Il confronto con amici italiani fa male all'amor proprio e instilla nel cuore un misto di vergogna e desiderio di rivincita che presto mi porterà ad acquistare un futbolìn (come lo chiamano in latinoamerica) da borsetta.

Sicuramente ci sono molto altri oggetti mirabolanti che, nel corso degli ultimi mesi, ho sentito la necessità di avere con me, ma le liste della spesa, si sa, sono destinate a perdersi nei meandri della borsa, oppure ad essere dimenticate sul tavolo dove le si era appoggiate solo per un secondo.
Tra una settimana parto verso l'ignoto che, detto così, suona molto figo ma che, in realtà, si declina in un atto di impressionante incoscienza e nella più totale ignoranza del dove dormire-mangiare-lavorare-trovare amici...e vabbè, in Canada fa freddo e magari la gente sta più vicina per scaldarsi a vicenda...