Dopo quasi un anno oltreoceano, mi sembrava il caso di fare una capatina in patria, giusto per ricordarmi com'è fatta una lasagna vegan degna di questo nome e per bere un espresso che non venga servito in una tazzina grande quanto un bidet (oggetto, peraltro, quaggiù sconosciuto ai più).
In seguito a questo ritorno alle origini, mi sono imposta una serie di regole auree da cercare di rispettare ad ogni costo.
La regola d'oro numero due concerne la cremina per l'herpes: anche se sono anni o secoli che questo fastidioso problema non vi affligge, ricordatevi che, quando meno ne avreste bisogno, disgustosi bubboni purulenti fioriranno sulle vostre labbra e, colti alla sprovvista, dovrete raggiungere all'ultimo minuto una farmacia (grazie al cielo qui tutto è aperto 24 ore su 24), sottraendo preziosissimi minuti alla preparazione, anch'essa last second, della valigia più incasinata della storia. Una postilla alla regola dell'herpes concerne la Tachipirina perché, nelle uniche due settimane all'anno nelle quali vi è concesso vedere parenti ed amici, sarete di sicuro colpiti da un'influenza di dimensioni bibliche con febbre tropicale ed annichilimento dei polmoni. Ricordatevi quindi di portare sempre con voi delle compresse (e sottolineo COMPRESSE) di paracetamolo, perché vostro padre potrebbe avere la brillante intuizione di comprarvi delle supposte di Tachipirina, cimelio dei tempi che furono ed oggetto-feticcio per molti.
Al terzo posto ci metterei l'imperativo categorico della faccia come il..., ovvero la capacità di trasformare la disperazione in una virtuosa assenza di ogni pudore o decenza. In particolare, ho perso la mia dignità “accademica” presentandomi a due esami preparati dall'altra parte del globo terracqueo con la lettura di circa la metà dei testi, effettuata prevalentemente alla Big Bubble Laundromat nel ghetto di Kingston, tra una rissa tra avventori ed una spettegolata con la ragazza del drop off. A riprova del fatto che l'ignoranza premia, ho passato entrambi gli esami, a discapito del fatto che, tutt'oggi, non riesco a ricordare nemmeno il nome degli esami stessi, nonostante li abbia letti circa ottocento volte. Sullo sfondo rimane, comunque, la lacerante domanda alla quale nessuno sa rispondere: perché iscriversi ad un'università lontana anni luce e cercare di collezionare l'ennesimo titolo totalmente inutile al guadagno della pagnotta? Forse i Maya sapranno dirci qualcosa di più su tale dilemma...
La regola numero quattro impone allenamenti almeno settimanali a calcetto, per non collezionare cocenti sconfitte e pessime figure al ritorno in patria. E il fatto che l'unico calcetto incontrato sul suolo ammmericano abbia sei portieri non è una valida scusa per la vergognosa sfilza di insuccessi e relativi improperi da parte del Lemon, da me accumulati in una fredda serata sui Navigli.
In quinta posizione, ricordarsi di preparare finte storie su solide relazioni sentimentali con persone affidabili e con un conto in banca che superi i tre dollari, su gravidanze presenti e future, su progetti grandiosi di mettere la testa a posto, sposarsi, comprare casa, avere un taglio di capelli decente ed indossare vestiti sobri e non ridicoli. Talvolta è imbarazzante dover ammettere di vivere come dei teenagers alla veneranda età di trentatré (trentatré, carajo!) anni, di non sapere dove si sarà ubicati da qui a sei mesi, di non essere in grado di prendersi cura manco di due gatti sottratti ai vicini crackomani, di non saper fare l'orlo ai pantaloni, di sentirsi a casa quando si è al volante di una Plymouth Neon del 2000, color trasù de ciuc, lanciata a velocità da vecchietta tremolante nel nulla della provincia americana.
Infine, bisogna ricordarsi di avere sempre con sé un'abbondante scorta di fazzolettini di carta (meglio in tessuto, anche se poi è un macello non dimenticarseli alla lavanderia a gettoni), perché prima o poi si deve dire “arrivederci” alla mamma e al papà con la gatta Soffy in braccio, a due fratelli nanerottoli accuditi da saggi animaletti pelosi, agli amici che chissà quando si rivedranno ancora.
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