giovedì 2 giugno 2011

La casa dov'è?

L'altro giorno sono stata sorpassata da un mega tir sulla highway 28.
Nulla di particolarmente sorprendente, visto che sono l'unica (a parte Kamalita e la sua NepalMobile) a rispettare gli speed limits ed a vivere nel sacro terrore dello sceriffo di Woodstock. Nulla di sorprendente, se non fosse che sul tir viaggiava, bella comoda e con aria strafottente, un'intera villetta, di quelle uscite direttamente da Desperate Housewives. 
Lì per lì ho fatto la lista di allucinogeni da me assunti nel corso degli ultimi dieci giorni e, risultando io pulita se non per le massicce dosi di peanut butter che ingerisco, ho dedotto che la casa fosse reale e che la spiegazione dell'avvistamento non fosse da cercarsi in uno scherzo del mio cervello, bensì nelle abitudini abitative degli americani.
Il solito saggio antropologo non mancherebbe di osservare con sommo interesse come, con l'arrivo della primavera, fioriscano lungo le strade o a ridosso dei centri commerciali delle curiose esposizioni di...case! Case in legno, case in plastica, case in compensato, gazebo in legno, garage e capanni per gli attrezzi del buon giradiniere-tagliaerba della domenica fanno gioiosamente mostra di sé di fianco ai Mc Donald's, di modo che, bevuto il milk shake (o la nuovissima e chimicissima Strawberry Lemonade) e finito il double cheeseburger, l'americano della provincia, dissetato e sfamato con i migliori prodotti culinari reperibili nella terra della libertà, possa acquistare in tutta tranquillità la propria villetta prefabbricata dei sogni e portarsela appresso caricandosela sul pick-up o magari chiamando il vicino possessore di tir.
E che importa se i risparmi se ne sono tutti andati per pagare l'apparecchio per i denti del bambino o l'ultimo I-Pad: qui è così semplice accendere un mutuo e nessuno ti chiederà mai altre garanzie se non la tua bella faccia americana. Sovente, però, i possessori di casetta con tanti pesci rossi e tanti fiori di lillà che, avendo speso l'ultimo centesimo da Abercrombie&Finch, rimangono indietro con le rate del mutuo vanno ad incrementare le fila della casta degli homless with car che quotidianamente parcheggiano di fianco alla mia Sweet Princess in quel di Poughkeepsie.
Questa trista popolazione in costante aumento è composta perlopiù da bianchi (anche se non mancano persone di colore) che, dopo il rapace intervento delle banche, sono costretti a stipare i propri beni in macchina e a peregrinare di parcheggio in parcheggio, sperando che nessuna gang locale o nessun bullo di periferia prenda di mira il loro piccolo guscio di noce.
Generalmente, i passanti dimostrano poca o nessuna compassione per questi malcapitati e non so spiegarmi se si tratti di una totale mancanza di cuore, oppure di una forma di scongiuro ed autodifesa da parte di chi, dentro di sé, sa benissimo che un simile destino potrebbe bussare alla propria porta nel giro di pochissimo tempo, facendo rimpiangere di aver speso quei quaranta dollari per le scarpe Nike della figlia di otto mesi o quei dieci dollari al take away giamaicano.
D'altra parte, anche se paghi con regolarità e zelo tutte le rate del mutuo, nessuno può mettere la tua magione al riparo dai tornados che imperversano sul territorio americano e che, in anni recenti, hanno iniziato a visitare anche zone sicure come il mio caro stato di New York, dove tutti vanno giù di testa quando alla radio bloccano ogni trasmissione per annunciare l'arrivo di una tempesta o, peggio ancora, un tornado alert. Ed effettivamente immaginare le fragili casette in compensato impegnate a fronteggiare i twisters fa venire come minimo la pelle d'oca, così come per me è motivo di sconforto ogni discesa nel basement della nostra casa a Kingston, perché confrontarsi con delle fondamenta profonde quanto una buca scavata da un bimbo di cinque anni nella sabbia e composte da travi in legno marcio del '15-'18 non rassicurerebbe nessuno, e in particolar modo chi, come noi, ha per vicini una numerosa famiglia di woodchucks amanti del legno...
Ai costruttori di case americani voglio solo dire grazie per regalarci ogni giorno l'ebbrezza di non sapere se la nostra dimora vedrà il sole anche domani! Grazie per farci vivere pericolosamente la piatta vita della provincia!

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