venerdì 8 luglio 2011

Goodbye Summer...

Quaranta minuti di guida nel bosco, con cento occhi attenti ad individuare cervi kamikaze, chipmunks schizofrenici, scoiattoli crackomani, ed arrivo nella mia personale oasi di pace qui negli States. Non c'è posto che io ami di più quaggiù e, anche se ieri notte ho dormito due ore, anche se la giornata al lavoro è stata impegnativa, anche se prima ho dovuto viaggiare in lungo ed in largo per Kingston nel tentativo di recapitare a tale Reyna Chavez delle scarpe da cinquanta dollari che i gentili impiegati UPS hanno per sbaglio lanciato sulla nostra veranda, insomma, anche se oggi cado a pezzi, mi trascino gioiosamente al Woodstock Farm Animal Sanctuary sulle pregiate ruote della mia Sweet Princess. Questo posto, che è una grande fattoria immersa nella valle dell'Hudson, dà rifugio ad una moltitudine di animali comunemente destinati al macello.
Generalmente, seguo un preciso rituale: entro dal vialetto non asfaltato facendo attenzione a non investire i gatti sordi; parcheggio e prego che non ci sia il pitbull antipatico di uno dei volontari; saluto in italiano Mayla, la cagnetta body guard di una dipendente; porgo i miei omaggi all'accogliente folla dei tacchini accarezzando le loro testine calde e gommosette; grido un sonoro “good morning” ai maiali intenti a fare il bagno nel fango; cerco la capretta Erika per lanciarle uno sguardo d'intesa e poi entro nella casetta di legno al centro della fattoria.
Qui incontro dei bipedi vegani solitamente intenti a sistemare le scarpette al galletto Flipper o a fasciare la zampa malmessa a qualche tacchino e vado a salutare la pecora Summer, che riposa in un piccolo recinto vicino alla porta.
Summer è arrivata al sanctuary circa quattro anni fa con due sorelline, quando erano ancora delle cucciole, riscattate da una condizione di abbandono e degrado che probabilmente è meglio non commentare. Dopo anni di bagordi a base di paglia fresca e corse nei prati, ad aprile, purtroppo, Summer ha iniziato ad avere problemi deambulatori che si pensava fossero dovuti ad un parassita tipico dei cervi. Per permettere a questo essere morbido e gentile di poter scorrazzare da una capo all'altro del grande recinto degli ovini, è stato quindi costruito un miracoloso aggeggio, a metà tra il girello e la sedia a rotelle, sulla quale l'ho vista muoversi allegra e curiosa assieme alle altre pecore.
Anche oggi mi è venuto spontaneo andare a salutarla nella sua dependance, darle un bacino e porgerle la ciotola dell'acqua ma, al suo posto, ho trovato una strana coppia di conigli incredibilmente pelosi e dotati di orecchie particolarmente lunghe.
Subito ho capito cos'era successo. La diagnosi definitiva, arrivata poche settimane fa, non lasciava scampo a Summer, destinata ad una progressiva paralisi. Pietosamente le è stato concesso di evitare una dolorosa agonia, mentre la sua ipertecnologica carrozzina fa ancora bella mostra di sé nel fienile.
La successiva ora al rifugio l'ho passata spalando cacca di capra, cercando di evitare di essere incornata per l'ennesima volta dai due capretti più nanerottoli e bellicosi, rincorrendo la capra gigante evasa in un mio momento di distrazione e versando lacrime sulla paglia sporca.
È infatti incredibile la sensazione di vuoto che mi ha procurato la vista di quell'angolino spoglio della sua presenza, come se Summer avesse dovuto rimanere lì per sempre, assieme al galletto spennacchiato che le faceva compagnia ogni tanto. E anche adesso che riguardo il video dei sui zampettamenti bionici, cerco di nascondere le lacrimuccie alla gatta dei vicini, che al momento staziona sul mio letto occupandone circa i tre quarti.
La maggior parte della gente trova patetico questo dispendio di fluidi organici per un animale che, quando va bene, diventa un bel maglione o, se va peggio, un buon brodino.
Talvolta, d'altra parte, io trovo patetico il dispendio di vocali e consonanti che la maggior parte della gente si ostina a proferire in materia. E sono io in difetto, perché non mi riesce facile immedesimarmi in chi pensa alla mucca Kayli, autoliberatasi da un macello in Pennsylvania (http://www.woodstocksanctuary.org/2011/06/a-pardon-for-kayli-the-cow-2/), come ad una bistecca o alla tacchinella Ophelia come al proprio pranzo del Thanksgiving.
E se, in fin dei conti, la stragrande maggioranza dei vegani e vegetariani che conosco fa finta di dimenticarsi di essere stato carnivoro per un lungo tratto della propria vita, io cerco di ricordarmi come fosse mangiare il petto di pollo senza collegare il cibo nel piatto all'essere unico e desideroso di vivere dal quale proveniva. Ma non ci riesco più perché, se ricordo perfettamente il giorno in cui ho capito che non avrei mai più potuto mangiare carne in vita mia, non saprei dire come mi sentissi o che tipo persona fossi prima
Ora, di sicuro, mi sento in pace, perché se guardo un agnello so che non avrà nulla da temere da me e se allungo la mano verso Alphonso il tacchino, è certamente per una carezza. Spero che anche i due capretti nanerottoli che solitamente mi incornano riescano prima o poi a capire che non costituisco una minaccia e che, se è vero che “rubo” la loro cacca con forcone e pala, va anche riconosciuto che porto in dono dei mega cuboni di ottima paglia italiana!

2 commenti:

  1. Mannaggia a te, ho resistito strenuamente ai tuoi tentativi di convertirmi al vegan qui a Milano e poi, dall'altra parte del mondo, riesci a crepare il mio solido muro da bestia carnivora...accidenti a te e a Safran Foer... STE

    RispondiElimina
  2. Lo sapevo che dentro di te si nascondeva timidamente un pallido ed emaciato vegano :0)
    Come state?

    RispondiElimina