domenica 31 luglio 2011

Fantozzi d'oltreoceano

Ero già pronta, canottiera bianca e frittata vegan di cipolle alla mano, a gustarmi il mio giorno libero all'insegna del più bieco e gretto fancazzismo, magari con una bella gara di rutto libero con i miei fucking roommates, da disputarsi da un piano all'altro (ognuno di noi rigorosamente disteso nel proprio letto, in un tripudio di ozio e torpore)...quando ecco il ragionier Filini americano chiamare e distruggere i nostri migliori progetti per il day off.
Il pic nic aziendale pendeva sulle nostre teste, pronto a caderci addosso da un momento all'altro, nonostante i nostri strenui tentativi di ignorarlo. E alla fine, ovviamente, ci è cascato addosso a peso morto, annichilendo i sorrisi beoti sulle nostre belle faccette straniere.
Il pic nic aziendale, infatti, è qualcosa che, quaggiù, va preso sul serio, dannatamente sul serio.
Dopo una ridicola serie di telefonate tra capi, tutor e colleghi vari, eccoci quindi schizzare giù dai nostri cari lettini alle ore sei-punto-trenta del mattino, con il classico occhio trigliato della privazione di sonno e le pieghe del cuscino ancora stampate in faccia. Eccoci poi smadonnare nei nostri idiomi natii e cercare di ingurgitare ciò che tradizionalmente assimiliamo per colazione secondo i nostri costumi nazionali: io caffè bollente e super zuccherato, Kamalita cereali a secco, Bas tre tonnellate di Nutella su una minuscola fettina di pane. Ecco me e Kamalita cercare di arrancare a fatica sulla gigantesca jeep di Bas, mentre il suddetto dutch roomate ci incita in malo modo a muoverci perché, ovviamente, siamo in ritardo.
Una volta raggiunto il punto di ritrovo, veniamo stipati in un furgoncino puzzolente dove, come al solito, siamo i più pallidi della compagnia e dove, come al solito, veniamo sfottuti per il nostro accento esotico.
Dopo quasi due ore di viaggio, finalmente raggiungiamo il punto x: un parco dove l'americano medio può grigliare qualsiasi essere vivente popoli la terra della libertà (opossum, bisonti, marmottine, cervi, immigrati irregolari), nuotare senza cuffia spargendo capelli biondicci nell'acqua superclorata, affittare una sorta di pedalò che, essendo noi nel paese più pigro del globo, è ovviamente a motore, oppure inseguire qualche giovincella sprovveduta, farla a pezzi e nasconderla nel frigorifero portatile...del resto, questa è pur sempre la nazione con la più elevata densità di serial killers.
Il pic nic aziendale è qualcosa in cui non vorresti mai imbatterti e che non augureresti mai nemmeno al tuo peggior nemico, nemmeno a quell'amabile individuo che mi ha gibollato la macchina in un parcheggio di Poughkeepsie. Persone esageratamente sovrappeso sudano sul barbecue, mentre gruppetti di colleghi sono impegnati in orridi giochi organizzati dal team pic nic, attività alle quali prendono parte unicamente per motivi veniali: in palio ci sono delle carte di credito prepagate da 25 dollari. Appuro con disappunto che gli spiedini con le verdure sono crudi, mentre, sebbene gigantesche parti di animale arrostiscano ovunque, la massa dei colleghi si lamenta della penuria di carne: ma che si aspettavano, un intero branco di mammuth alla griglia?
Il momento più toccante della giornata si raggiunge quando vengono distribuite le pergamene di ringraziamento ed encomio per managers e semplici dipendenti. Mentre siamo intenti a preparare il nostro miglior sorriso ed un abbozzo di discorso da snocciolare al momento della nostra premiazione, assistiamo al corteo di colleghi e capi che, tra gli applausi generali, si recano a ritirare il papello. Siccome siamo dei losers e ce l'abbiamo pure stampato in faccia, io, Bas e Kamalita siamo gli unici a non ricevere manco una pacca sulla spalla, nemmeno una penna con il logo dell'agency, nemmanco un post it con sopra scritto “thank you” e magari i nomi sbagliati.
Dal momento che non c'è nemmeno una goccia di alcol nella quale annegare il nostro immenso dispiacere e la vergogna per non avere ottenuto la famigerata pergamena, ognuno di noi affronta il dolore secondo la propria indole: Kamalita con una telefonata fiume al fidanzato in Texas, Bas partecipando ad un trucido giochino aziendale con le mie colleghe tettone, io mangiando quintalate di patatine attingendo contemporaneamente da due pacchetti diversi.
Durante il viaggio di ritorno, tutti i nostri colleghi contemplano la propria bella pergamena, Kamalita parla ancora al telefono sparando parole alla velocità della luce, io elaboro in silenzio il lutto per la fine dei pacchetti di patatine, mentre Bas guida il furgoncino aziendale come se fosse nel bel mezzo di un film di Indiana Jones.
La giornata si conclude con eventi emblematici della nostra essenza da losers: mentre torniamo verso Kingston sulla jeep, Bas ha la geniale idea di fermarsi lungo la strada per imbottigliare una specie di acqua miracolosa che si dice sgorghi direttamente dalle sorgenti sotterranee, ma che si presenta come del liquido non tanto pulito scaturente da orridi tubi di plastica. Una volta imbottigliata l'acqua santa, i miracoli iniziano a pioverci addosso, perché i freni della macchina si sputtanano improvvisamente quanto inspiegabilmente, obbligandoci a guidare fino a casa sgommando col freno a mano in concomitanza di semafori e stop, fino al meccanico sotto casa, che per soli 305 dollari aggiusterà il jeeppone.
Infine, ci tocca assistere all'ennesimo concerto fuffa a New Paltz, tenuto da uno sbarbatello locale col capello ribelle, che termina a tradimento mentre mi allontano tre minuti a procacciarmi della caffeina nel vicino Starbucks. E pensare che io detesto Starbucks.


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