sabato 8 ottobre 2011

Lettere dal divano: terza missiva

Cara Sbarbatella,
Questa lettera dal divano te la scrivo direttamente dal letto, dove sono finalmente approdata alle ore 1.30 della notte, dopo la consueta conversazione con Kamalita sulla vita, le pulci e i loro relativi misteri.
Oggi, per paura che la sciura che ha comprato la macchina di Bas si palesasse armata di motosega, come nei migliori film splatter, ho passato a casa solo una mezz'oretta scarsa e mi sono data a molteplici ed avvincenti attività.
Per prima cosa, sono arrivata con un'ora e mezza di ritardo al corso d'inglese: la puntualità non è mai stata il mio forte ma, grazie al cielo, il professore mi vuole bene perché sono italiana e conosco la metrica latina. Tutte qualità che garantiscono il successo qui in America!
Dopodiché sono rimasta imbottigliata nel traffico mentre tentavo di prelevare Fancisco da New Paltz per portarlo al Target di Kingston a cambiare un orrido affare portasapone che aveva comprato senza accorgersi della mancanza delle ventose, necessarie per attaccarlo al muro. Dal momento in cui abbiamo messo piede al centro commerciale, si è scatenato l'inferno che, nella fattispecie, è per me consistito in quasi quattro ore di discussioni su tendaggi, aste reggi-tenda, pouf, forni elettrici, spazzoloni per gabinetto...
Centocinquanta dollari e due centri commerciali più tardi, abbiamo finalmente raggiunto Kamalita per poter cenare all'ormai mitico ristorante indiano di Kingston. Ho qui vissuto il momento più esaltante della giornata e, forse, dell'intera settimana: Ahmad, cameriere bengalese e vera anima del ristorante, mi ha sfidata a riconoscere quale tra gli alu paratha che stava servendo fosse stato fritto nell'olio e quale nel burro. Tra gli sguardi allibiti degli avventori, dopo una rapida valutazione del cibo, ho senza esitazione individuato il mio paratha vegan, mentre la mia fama già iniziava a diffondersi per tutta l'Ulster County.
L'avventurosa giornata è proseguita con l'installazione delle tende (marroni!) a casa di Francisco ed il ritorno alla nostra magione, reso arduo dalla mia fobia di cervi, raccoon, opossum, volpi e marmottine kamikaze, nonché dal preoccupante fenomeno del “tutte le strade portano a Poughkeepsie”, a causa del quale, qualunque sia la mia meta, mi ritrovo sempre, involontariamente, sulla 9W per Poughkeepsie, che percorro in una sorta di trance dalla quale mi risvegliano i passeggeri di turno, ricoprendomi di improperi per aver imboccato la strada sbagliata.
Per quanto riguarda Fagiolo, ti basti sapere che è in vita ed è disperso da qualche parte a Washington, dove verso le cinque del pomeriggio era già ubriaco fradicio ad un party a casa di qualcuno.
La tua macchina sta bene e ti saluta. Ieri sono andata a trovarla mentre portavo un paio di mele ai woodchucks nel cortile sul retro. Non si capacita come sia possibile avere la brina sul parabrezza la mattina, schiattare di caldo a mezzogiorno e poi ripiombare nel freddo antartico la notte, ma comunque non si lamenta perché non sono previste alluvioni e, quindi, non le pioverà dentro come di consueto.
Per quanto concerne la mia macchina, ho pensato che potrei anche non far riparare la serratura della portiera, ma iniziare a fare come Bo e Luke ed entrare dal finestrino. Che ne pensi? Sono troppo vecchia per questo tipo di cose?
Ora, cara Sbarbatella, credo proprio di essere in procinto di svenire a causa del sonno e della difficoltosa digestione del mio alu paratha, quindi mi congedo augurandoti una gioiosa domenica italiana.

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